Sarebbe troppo facile parlare della Signora del calcio. Sarebbe celebrare un altro trionfo, raccontare un miracolo sportivo, esercizio fatto da ogni commentator, impegnato a parlare di record e a dire che mai una squadra aveva vinto uno scudetto dopo avere conquistato solo un punto nelle prime tre partite. Mi scuserà la Juventus se la tradisco con un’altra signora. Ma oggi, appende il fioretto al chiodo Valentina Vezzali, dopo avere vinto sei ori olimpici, sedici mondiali, tredici europei, in singolo e a squadre. E poi argenti e bronzi. Ha stritolato primati, lei di Jesi, la città della scherma, lei che ha trovato in Italia le sue più agguerrite rivali, lei che, nata nel 1974 nel giorno di San Valentino, ha deciso di chiudere la carriera prima di Olimpiadi alle quali non s’è qualificata, perché s’è imbattuta in connazionali più forti. Valentina è stata grazia e aggressività, un po’ come Cassius Clay che pareva volare e pungeva di brutto mandando al tappeto gli avversari. Con la Vezzali, mi piace qui celebrare atleti avanti con gli anni ma ancora capaci di imprese, come Totti e Valentino Rossi, il ciclista Gasparotto (fresco vincitore della Amstel Gold Race) e Gigi Buffon, che ha fatto un patto col diavolo e uno con quella Signora di cui tutto sapete, senza che io ve ne debba tessere virtù.
Oh, Valentina
26 Aprile 2016