Pur in zona rossa e in lockdown le edicole sono aperte: significa, quindi, che i giornali sono utili. E se i giornali sono utili e, per estensione, se l’informazione è importante, probabilmente anche i giornalisti (e, dunque, quelli che fanno informazione) sono utili.
Essere utili non significa necessariamente essenziali, ammesso che le parole abbiano un senso. Il dibattito lo ha scatenato Selvaggia Lucarelli che, prima di andare fuori dal seminato, ha posto un tema interessante, chiedendosi anzitutto se quella dei giornalisti è una categoria meritevole di priorità in fatto di vaccino. L’occasione è stata ottima per sparare contro i giornalisti anche perché sono i giornalisti stessi a prestare il petto a chi non aspetta altro di impallinarli.
Premesso che appena mi danno occasione di ricevere il vaccino sarò ben lieto di sottopormi, è evidente che se un giornalista fa smart working o, comunque, è confinato in un ufficio o magari in uno studio televisivo o radiofonico, anche se svolge un ruolo di primaria importanza, non ha necessità di precedenza. Diverso il caso di chi, a esempio, fa il cronista “sul campo”, dove la gente s’accalca o in luoghi sensibili, come ad esempio gli ospedali.
Questo dovrebbe essere un ragionamento sensato che potrebbe dare occasione all’Ordine dei giornalisti, ad esempio, di fare qualche seria distinzione tra chi ha quello giornalistico come lavoro principale e chi è iscritto pur avendo ben altro come fonte di reddito. Con ciò, la speranza mia è che ci si vaccini il più possibile il prima possibile. E che chi fa il giornalista non consideri se stesso essenziale, semmai che venga considerato tale dall’utente.