Siamo partiti dallo stesso “luogo cartaceo”, ovvero “La vita casalese”, il settimanale della diocesi che è mia ed è stata sua. Le nostre firme si incrociavano spesso. Per me, dunque, Paolo Filippi è sempre stato quello che scriveva sul giornale dove debuttai pure io. Siamo nella seconda metà degli Anni Ottanta. Lui classe 1962, io un po’ più giovane. Lui che ha sempre detto di voler fare il giornalista ma s’è dedicato a tutt’altro, io che, invece, faccio il giornalista perché, per quel che avrei voluto fare davvero, non avevo doti (e così il calcio è rimasto una passione).
Paolo Filippi è morto all’alba di Pasqua, stroncato da un infarto. E’ stato molte cose, soprattutto un politico. Di lui mi restano gli sfottò calcistici (non so se era più milanista o più anti juventino, ma non importa), l’amore per le nostre colline, il senso dell’ironia. E quei trascorsi “di penna” o, meglio, “di macchina per scrivere”, in attesa che inventassero i computer…