Il mio anno è cominciato di corsa. E’ una piacevole tradizione, simile (ma meno strong) a quella perpetuata da chi a Capodanno fa il bagno in mare o si tuffa nel Tevere. Io limito a una sgambata, alle 9 del mattino. E’ un modo per augurare a me stesso buon anno, cercando significati che tutto sommato si possono comprendere. La corsa è piacere ma anche fatica, si mette la sveglia anche se si è indugiato in bagordi, talvolta si condivide con gli amici, altre volte da solo. E si sfida il freddo.
Quest’anno no. Pur a mille metri di altitudine, il 2022 mi (anzi ci) ha accolto con una temperatura che definirei gradevole se non fosse preoccupante. C’erano pure le primule a indicare che qualcosa non va nel clima impazzito.
Certo, correre con il conforto del termometro è stato molto piacevole, ma che si sia di fronte ad anomalie preoccupanti è clamorosamente vero, senza neppure la necessità che ce lo ricordi Greta (comunque, lei fa bene a continuare a dircelo).
Non mi dilungo con gli auguri. Che la situazione generale non sia invidiabile è palese. L’importante è che quando il Covid se ne andrà, o sarà un convivente innocuo, si abbia la forza di riprendere e di voler essere meglio di prima. Sarebbe insulso, dalle macerie, costruire una casa peggiore di quella che è crollata.