Mentre l’attenzione è legittimamente focalizzata su San Valentino, faccio un salto indietro di 24 ore. Il 13 febbraio, è la Giornata mondiale della radio. E poiché io, in un modo o nell’altro, partecipo da più di trent’anni a trasmissioni radiofoniche non posso che unirmi, pur con ritardo, alle celebrazioni.
La radio è antica e moderna, vicina e lontana, racconta e fa cantare. E’ storia e geografia, italiano e inglese, anche un po’ scienze, certamente arte e forse matematica. Manca educazione fisica, ma è di sicuro religione (avete presente “Ascolta si fa sera”?). E’ informazione e intrattenimento, sapere e svago.
E’ anche immaginazione. Ha il potere di un libro: tu leggi e cerchi di capire com’è quel personaggio e come quel luogo. Con la radio è uguale: ascolti e ti figuri il volto di chi parla (ma capisco che ora col web è anche facile trovarne i connotati). La radio sono i gol descritti senza telecamere e potrei raccontarvi di azioni coi fiocchi che, in realtà, erano ciofeche.
La radio arriva tra la gente, come cantava Finardi. E’ un concetto ancora attuale, anche se non bisogna più girare le manopole né direzionare l’antenna per trovare la stazione desiderata.