Io sono dell’epoca del SuperTele e di un calcio che ti faceva emozionare con poco (a quell’epoca, per ragioni anagrafiche, era anche più semplice lasciarsi emozionare, capirete). Ho assistito a infinite rivoluzioni del mondo del pallone, alcune ottime (la regola del retropassaggio al portiere, la gol line technology), alcune discutibili (a me la Coppa delle Coppe piaceva, per dire), altre pessime (i procuratori che guadagnano più di un luminare della medicina, per citare uno scempio).
Sento parlare di SuperLega, ovvero un torneo parallelo tra le più forti squadre d’Europa, come se la Champions non bastasse più. Non ho ancora avuto modo di entrare nei meandri del concetto, ma, messa giù così, mi sempre uno stravolgimento della logica e una folle concessione al business, come se il calcio fosse solo denaro (in effetti…).
Io tifo per la sopravvivenza, in tutto e per tutto, del nostro campionato nazionale, quello che permette al Benevento e allo Spezia di giocare contro la Juventus, l’Inter e il Milan (e magari pure di vincere), quello che probabilmente sarà vinto dalle squadre più ricche, ma che ti fa sobbalzare quando trovi il Verona di Bagnoli o quella meravigliosa Sampdoria di Vialli e Mancini, o il Chievo dei miracoli, o il Sassuolo di oggi, o l’Atalanta che ormai è nell’Olimpo. E infine: vincere a Manchester sarà pure suggestivo, ma poi, nel bar sotto casa, mica trovi un inglese da sfottere.