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Finalmente il libro

Attendo da più di un anno di poter presentare “dal vivo” il mio libro “Le mani del mano”, pubblicato da Bradipolibri. Finalmente stasera, giovedì 10 giugno, avrò l’opportunità di farlo grazie agli amici di Casalnoceto, paese del Tortonese che ha una Biblioteca molto dinamica e propositiva.

E allora avrò il piacere di partecipare, come già avvenuto anni addietro, alla “Serata sotto il portico”; sarà l’occasione per raccontare di Sergio Viganò, il massaggiatore protagonista del libro, ma anche del suo amico Roberto Mancini (commissario tecnico della Nazionale che domani debutterà agli Europei) e di molti protagonisti del calcio mondiale. Il volume, però, parla anche di altro: l’amicizia, il Monferrato, la casualità, la determinazione…

Il resto ve lo spiegherò a partire dalle 21. E domenica, alle 17.30, presenterò “Le mani del mago” a Villadeati, in Val Cerrina, al circolo “Al cortiletto”.

Giornalista-marziano

Il bello del mio mestiere è che, talvolta, ti capita di spiegare perché è bello. Giovedì mi è stata data l’opportunità di parlare a ragazzi di quinta elementare. Il Covid impone distanze, ma la tecnologia aiuta. Le insegnanti hanno messo un maxischermo in classe… e il resto è venuto da sé.

Problema: ogni volta che si racconta il mestiere di giornalista alle nuovissime generazioni si ha come l’impressione di parlare di qualcosa di tremendamente vecchio e di risultare un soggetto avulso dalla realtà, piovuto da un’altra galassia. Però – mi dicono – gli studenti sono stati affascinati dal racconto o, perlomeno, interessati.

E io a chiedermi, durante l’ora di “lezione”, se qualcuno mai fosse interessato a fare il giornalista quando sarà tempo e, soprattutto, come si farà giornalismo quando i ragazzini di oggi saranno grandi. Immagino che l’informazione non muoia, anche se spesso risulta agonizzante. Tutto il resto, però, va oltre l’immaginazione (almeno la mia)

La ripresa

Un benvenuto a giugno, mese che sa di ripartenza. Ci speriamo per un’infinità di motivi. Qui vi spiego solo quel che mi riguarda, a cominciare dalla presentazione del libro “Le mani del mago” (Bradipolibri editore) che, a un anno di distanza dall’uscita, finalmente può essere raccontato a chi avrà voglia di sapere della vita del massaggiatore Sergio Viganò, strettamente collegata al calcio, al Monferrato, all’amicizia con Roberto Mancini, ct della Nazionale. Il primo appuntamento sarà giovedì 10 alle 21 a Casalnoceto, nel Tortonese; il 13 alle 17, invece, sarò a Villadeati, in Val Cerrina.

Contestualmente, riprenderà anche l’attività teatrale. Non vi svelo ancora nulla, se non che a fine mese la Compagnia Teatrale Fubinese tornerà protagonista, dando il via alle celebrazioni per i 40 anni di fondazione. Quarant’anni, ve lo assicuro, non sono pochi. Li festeggeremo condividendo (credo) piacevoli momenti con l’affezionato pubblico, e con l’apporto di nuovi amici che hanno accolto l’invito ad entrare nel nostro cast.

Cose pallose di pallone (2)

  1. Difficile dire chi merita e chi no. Certamente l’Atalanta ha meritato il posto in Champions per come gioca e il Milan per la filosofia sposata dalla società in più occasioni. Ben lieto, da tifoso, che la quarta squadra sia la Juventus, certamente più fortunata del Napoli (che però aveva il destino nelle proprie mani). Non dimentico, però, che il Napoli rinunciò alla trasferta torinese in modo perlomeno discutibile; quindi non è che la sua esclusione dalla Champions mi commuova troppo.
  2. Gli interisti hanno sempre odiato Conte e ora ce l’hanno col presidente che non gli promette una squadra all’altezza e difendono il tecnico che rescinde il contratto (con faraonica buonuscita). Posto che Conte, a mio parere, è uno dei migliori allenatori, almeno dal punto di vista temperamentale, è curioso il mutare del vento… Tra l’altro, quando si critica un presidente, non si pensa quasi mai all’alternativa. Ad esempio al Torino: i tifosi ce l’hanno con Cairo, ma senza di lui cosa sarebbe? Tra l’altro ora ha ingaggiato Juric: ottimo, direi.
  3. Donnarumma ha perso la grande occasione di diventare il leader indiscusso del Milan per chissà quanti anni. Bene ha fatto il Milan a lasciarlo andare e a non cedere al ricatto di Raiola. Economicamente, per il Milan, è stato un disastro, però, così come sarà un affare per chi lo ingaggerà. Potrebbe/dovrebbe farlo la Juve: moralmente, però, sarebbe sbagliato (tanto più che un portiere ce l’ha e pure forte).

Cose pallose di pallone (1)

  1. Siamo tutti Mancosu. Idealmente, si capisce. Non si può non solidarizzare col capitano del Lecce. Mancavano pochi minuti alla fine di una partita da vincere per continuare i playoff, con obiettivo la Serie A. Rigore. Batte Mancosu, palla alta (come un qualunque Baggio nella finale dei Mondiali del 1994): il Lecce pareggia e dà addio ai sogni. Mancosu era stato fuori per alcuni mesi: dicevano per appendicite, aveva un tumore. Ha lottato, dovrà lottare ancora. Il calcio dà e toglie, come la vita. Il lieto fine non c’è sempre, purtroppo.
  2. E’ morto Tarcisio Burgnich. Con quel nome mi sa che poteva fare solo il difensore. Rude, peraltro. E’ stato uno degli eroi del Messico, nel 1970. Pelè lo ha sovrastato in finale, ma quell’Italia (la stessa del 4-3 con la Germania) è arrivata sul podio anche grazie a lui. Dopo Bellugi, un altro mastino nel paradiso degli atleti.
  3. E’ inutile. Il mondo del calcio sembra tragicamente fuori dalla realtà. Conte che se ne va da un’Inter che vuole, comprensibilmente, ridimensionarsi; la Juventus, con forti debiti, che pare attiva sul mercato (degli acquisti, eh); i prezzi degli allenatori salgono a dismisura, per non dire delle commissioni dei procuratori. Sono solo esempi. A me sembra una follia da cui pare proprio non si riesca a uscire.

Diretta Fb sulla Samp

Domani, 19 maggio, alle ore 19, con una diretta sulla mia pagina Facebook, renderò un personalissimo omaggio alla Sampdoria, nel giorno del 30esimo anniversario dello scudetto. Era il 1991: c’era Boskov in panchina, c’erano Vialli e Mancini, Cerezo e Lombardo. Era una squadra irripetibile, protagonista di un’impresa destinata a rimanere unica.

Ecco perché mi piace parlarne: è stata l’ultima volta che una squadra “non metropolitana” s’è aggiudicata il Tricolore: lo ha fatto un gruppo straordinario, plasmato dal presidente Mantovani, che ha portato la Samp, l’anno successivo, alla finale della Coppa dei Campioni.

Come qualcuno saprà, ho scritto un libro, “Le mani del mago” (Bradipolibri edizioni), con protagonista Sergio Viganò che di quella Samp era il massaggiatore. E’ nata allora una solida amicizia con Mancini, che ancora continua. Vi aspetto domani, su Facebook.

Si parte dalla radio

La settimana comincerà in radio: l’appuntamento, come lunedì mattina, è a Radio Voce Spazio, l’emittente che mi ospita ormai da trent’anni, per parlare prevalentemente di sport, ma non solo. Il calcio la fa da padrone, di solito, ma in questa puntata troveranno spazio anche il tennis (bravissimo Sonego a Roma) e dei ciclismo (col Giro d’Italia e il suo solito carico di emozioni).

E’ un piacevole appuntamento in cui trova spazio anche l’attualità, dalla politica al sociale, con don Ivo Piccinini in studio, sempre attento a quel che accade, soprattutto ad Alessandria.

Radio Voce spazio è sui 92.8 fm.

Principe Ranieri

Premesso che non è che abbia fatto i salti di gioia per lo scudetto dell’Inter. Ma non ho dubbi sul fatto che sia stata la squadra più forte (aggiungo: con l’allenatore migliore, il centravanti più incisivo, la difesa più solida, il miglior talento italiano…), dunque quella che ha meritato il trionfo. Gli applausi però vorrei farli a Claudio Ranieri e alla Sampdoria per il tributo che, sabato, hanno riservato ai vincitori. Un gesto splendido, di quelli a cui in Italia, dove le campagne d’odio sconfiggono sempre le buone notizie, purtroppo non siamo abituati.

Dovrei anche parlare del fatto che accumulando debiti si possono vincere campionati (non è solo il caso dell’Inter, anche della Juventus che se la passa male, o di altre ancora che nel recente passato han fatto peggio…) e che Gasperini, quando lo mette in evidenza, un po’ di ragione ce l’ha. Lascio il grosso dell’indignazione, semmai, a quegli imprenditori che battagliano ogni giorni per tenere in piedi le loro aziende. Ma il calcio, si sa, è un mondo a sé, che dispensa gioie e fabbrica illusioni.

Quando tutto cominciò

Chi ha almeno cinquant’anni ricorderà il terremoto del Friuli. Fu epocale. Riempì le cronache per diversi giorni. Cominciammo a sentire parlare di protezione civile, si mise in moto un’eccezionale macchina dei soccorsi. Sarà che quando s’è bambini certe cose restano impresse, ma le immagini che arrivavano da Gemona e dintorni non le dimenticherò facilmente.

Era il 1976. Il 6 maggio, per la precisione. Quindi 45 anni fa. Il mio paese, Fubine, si attivò per costruire una casetta in legno da inviare a una famiglia che aveva perso quella vera. Per reperire fondi, il gruppo della parrocchia (e dintorni) decise di allestire una commedia per il periodo natalizio. La tradizione del “nostro” Gelindo nacque allora. Senza quell’esperienza, probabilmente, non si sarebbe sviluppata la Filodrammatica, da una costola della quale, nel 1981, venne fondata la Compagnia Teatrale Fubinese, che ancor oggi, 40 anni dopo, è sulla scena.

Dal letame nascono i fior, cantava De André. In questo caso, da una tragedia è sbocciata un’iniziativa solidale che, poi, è continuata come chi ci segue ben sa. La foto non è di quel 1976, ma di poco dopo. Era comunque Gelindo. Con me, Angelo Balestrero, che ci ha lasciato straordinari ricordi.

Cenerentola al ballo

L’ipotesi della SuperLega (ma non piace, l’ho scritto qualche post fa) ha irritato fiumi di critici e semplici tifosi, dimentichi, comunque, che ormai da tempo il calcio è soprattutto business e che le società di calcio vivono in una dimensione che non ha niente a che vedere col nostro quotidiano (provate voi a permettervi deficit milionari, se ci riuscite). Il tutto con la complicità della Uefa, che tollera ciò che, tutto sommato, le fa comodo garantendole tornaconto.

Di ieri è la notizia che la Coppa Italia “principale” sarà limitata alle squadre di serie A e serie B. Chi abita dalle mie parti ricorderà il 2016: l’Alessandria, formazione di serie C, arrivò a giocarsi le semifinali del torneo con formazioni del calibro di Juventus, Inter e Milan. Col Milan si giocò l’andata a Torino e il ritorno a San Siro. Fu memorabile, anche se, probabilmente, l’impegno gravoso incise sulla stagione (ennesima promozione mancata).

L’augurio è che i Grigi possano essere nel ranking: significherebbe che saranno promosse in B, a sto giro. La certezza è che, escludendo le cenerentole dal ballo dei principi, si tarpano le ali alle speranze di rivedere una presunta grande contro una presunta piccola, togliendo quel fascino che in Inghilterra ben conoscono (le imprese impossibili, là, riescono spesso) e in Francia è diventato leggenda grazie al Calais.