Gregorio Cacciabue è morto a novant’anni. E’ stato uno dei fondatori della Compagnia Teatrale Fubinese. Non un uomo da palco, ma il tecnico dietro le quinte. Anzi, anche “sopra” le quinte, perché, nel salone della casa del popolo, si era costruito una sorta di soppalco minuscolo dal quale poteva controllare lo svolgimento degli spettacoli e, dunque, governare luci e audio. Immaginatevi una posizione scomoda, moltiplicatela per cento e forse vi renderete l’idea. E poi avete presente il bagagliaio di un’utilitaria? Ecco, adesso pensatelo colmo di cavi di qualunque dimensione, di fili che iniziano e che paiono non finire, di prese tenute assieme dal nastro isolante… La macchina di Gregorio era più o meno così, quando si trattava di trasportare il materiale della Compagnia, fatto di luci fioche, di artifizi che pretendevano di dare colore, di strampalerie che, a raccontarle ora, sembra che sia passato un secolo. Invece, erano i primi anni Ottanta, quando gli effetti erano garantiti anche dal flash fatto a dado della macchina fotografica o quando per creare il fumo Gregorio e altri pionieri del nostro teatro andarono a rifornirsi di polvere da sparo in una polveriera… Gregorio era anche quello di “Fiume amaro”, una delle canzoni più tristi della storia della musica leggera italiana: la usava spesso come preludio alle nostre commedie (immaginando, forse, che dopo tanta tristezza, il pubblico avrebbe riso più facilmente). Meno male, però, che c’era Gregorio e che ci sono stati quelli come lui. Si sa: senza le radici non esistono gli alberi. Se domani torneremo in scena con un nuovo spettacolo, è perché abbiamo potuto godere di Gregorio, della sua abnegazione, del suo impegno, della sua bontà e di una fantasia smodata che il digitale d’oggi non richiede. Noi, al tempo, la richiedevamo eccome. E ce ne siamo beati.
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Ciao Gregorio, l’uomo dei cavi
Posted by Massimo Brusasco on 31 Marzo 2017