Ho avuto la fortuna di conoscere Jovan Divjak. Classe 1937, è morto pochi giorni fa; è noto per essere stato un difensore della causa bosniaca, lui di origini serbe, durante la sanguinosa guerra civile che, tra il 1992 e il 1995, ha colpito l’ex Jugoslavia.
A Divjak chiesi semplicemente il perché di quella guerra. Mi raccontò dell’equilibrio precario tra etnie diverse, della sete di potere di Milosevic e di un’Europa che è stata spettatrice del massacro. Lessi poi il suo libro, “Sarajevo mon amour”, e mi sono sentito clamorosamente ignorante, molto più di quanto pensassi di essere.
La grandezza di Divjak sta anche nella sua profonda umanità, nella grande generosità, nel suo sapersi rapportare con i suoi interlocutori, in particolare i giovani, senza mai far pesare né ruolo, né curriculum, né la candidatura a Premio Nobel per la pace. Sono infinitamente grato all’associazione Sie di Alessandria, con la quale andai in Bosnia, per avermi fatto incontrare Jovan, al culmine di un’esperienza che non dimenticherò mai.