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Il giornale, Genova e non solo

Poche parole per ringraziare tutti quelli che hanno sostenuto le iniziative che “Il Piccolo” ha promosso per aiutare il Comitato sfollati Ponte Morandi di Genova. Domenica abbiamo consegnato gli oltre 5.000 euro arrivati grazie ai lettori e ai partecipanti alla serata promossa, il 5 ottobre, al Galimberti. E’ stata una piacevole giornata, che ha incluso l’incontro con Ennio e Mimma del Comitato. Penso che l’editrice Soged e la direzione (prima Roberto Gilardengo, poi il suo successore Alberto Marello) abbiano sostenuto al meglio l’iniziativa, resa possibile per merito di tutti coloro che hanno collaborato all’edizione speciale del nostro giornale e degli artisti esibitisi al Galimberti. Un grazie speciale a Lisa di Alturist, che si è presa a cuore il nostro progetto. E, infine, un plauso a chi ha aderito al viaggio di domenica, compresi gli amici dell’associazione Sie, straordinari come sempre. Sul “Piccolo” di oggi vi raccontiamo i dettagli; altro lo troverete sull’edizione in edicola venerdì.

La settimana

Succedono cose, questa settimana. Ve ne segnalo quattro che mi riguardano. Martedì 16 alle ore 21.30, al centro d’incontro Galimberti di via Pochettini, Alessandria, comincerà la 17esima edizione del “Salotto del mandrogno”, talk show che ho il piacere di condurre. Una decina di ospiti, parole, musiche, divertimento: gli affezionati salottieri non hanno bisogno di descrizioni, tutti gli altri sono invitati. Mercoledì 17 alle ore 21, invece, al Teatro municipale di Pontestura, presenterò il mio libro “Il raduno dei Gramigna” nell’ambito della rassegna Itaca (con me la scrittrice Cinzia Montagna). Sabato 20, inoltre, al Teatro dei Batù di Fubine, il decollo dell’edizione numero 22 di Fubine Ridens: ospite la compagnia Rouge et Noir di Torino che proporrà la commedia “Quel solito sabato” di Francesca Angeli. E domenica 21, infine, la gita a Genova promossa dal “Piccolo”, durante la quale consegneremo denaro al Comitato sfollati Ponte Morandi.

Ci voleva

Ci voleva, penso, una serata come quella appena trascorsa. Molta gente al circolo Galimberti, uno spettacolo di alto livello ma, soprattutto, l’atmosfera giusta, per raccontare e cantare Genova cercando di aiutare la città martoriata dopo il crollo del ponte Morandi. Ringrazio “Il Piccolo” per avere promosso l’iniziativa, il centro Galimberti per averla sostenuta,  tutti gli artisti che si sono esibiti (Massimo Faletti, Maurizio Ferrari, Maurizio Silvestri e Cinzia, Dado Bargioni, Danila Tusa, Franco Ragone, Federica Sassaroli, Gian Domenico Solari) e chi ha raccontato (Franca Carnevale, Alessio Scatolini, Dino Frambati). Dopo avere gustato trofie al pesto e il vino della cantina di Mantovana, possiamo andare a dormire contenti, pronti a sostenere ancora Genova quando, il 21, andremo a consegnare il ricavato della serata (e della vendita delle copie del “Piccolo” di oggi) al Comitato sfollati Ponte Morandi.

Vi aspetto al Galimberti (con tutti loro…)

Il centro d’incontro Galimberti di via Pochettini 3, Alessandria, prossima casa del “Salotto del mandrogno” (debutto il 16 ottobre, ma ne riparleremo), venerdì 5 ottobre alle 21.15 ospiterà il talk show organizzato dal “Piccolo” per sostenere il Comitato sfollati Ponte Morandi di Genova. Ho invitato amici pronti a raccontare, cantare, emozionare: sul palco si succederanno Dado Bargioni. Federica Sassaroli, Maurizio Silvestri, Daniela Tusa, Franca Carnevale, Massimo Faletti, Maurizio Ferrari, Dino Frambati, Gian Domenico Solari, Franco Rangone e Alessio Scatolini, un ricco cast per parlare di Genova, anche attraverso i musicisti che hanno contribuito a renderla famosa. La redazione del “Piccolo” è schierata per garantire una serata “importante” e utile; l’ingresso è libero, con eventuali offerte a favore del Comitato (i soldi li consegneremo il 21 nel corso di una gita a Genova). Un grazie fin d’ora al centro Galimberti per l’ospitalità e le trofie al pesto che distribuirà a fine serata e alla cantina sociale di Mantovana che ha provveduto al vino.

Il sorriso al contrario della Liguria

Quel che segue è un racconto pubblicato sul “Piccolo” di ieri,  dopo la strage di Genova.

Che poi se la guardi bene, la Liguria è fatta a forma di ferita. Anche di un sorriso al contrario, certo. Il contrario di un sorriso è tristezza, che è un miscuglio di cose, dal dolore alla delusione, dal rammarico al lutto. C’è tutto, nella Liguria di oggi e nella sua Genova che di questa ferita è il centro, una città dove gli svincoli micidiali citati da De Gregori sono diventati morte, sotto forma di un ponte crollato. Il ponte su cui alzi la mano chi non c’è passato. Ci andava chi dall’A26 si recava a Levante e chi dalla A7 veniva a Ponente. Quelle sono le nostre autostrade. Anche quel ponte, a buon diritto, era un po’ nostro, con la struttura che ricordava Brooklyn e quel vuoto là sotto che un po’ faceva paura, ma poi l’ansia finiva perché s’arrivava oltre. Fino a martedì si poteva arrivare oltre.

Le montagne da una parte, il mare dell’altra, e lui, il ponte, un taglio necessario per superare una città che è chiusa dalla natura e che si è sviluppata per il lungo e per l’alto, non potendo fare altrimenti.

Non è mica come le altre, Genova, che deve pagare un eterno tributo al suo essere incastonata, tanto più se gli uomini anziché aiutarla la soffocano col cemento. Lo si capisce ogni volta che piove un po’ più del solito. E più del solito, ormai, piove spesso.

La vecchia repubblica marinara è tormentata dai suoi monti che sembrano sempre spingerla verso il Mediterraneo. Lei cerca di resistere, Genova, questa città multicolore, dove il porto antico è nuovo, il bello è tenuto nascosto e la notorietà è data dalla Lanterna che non sarebbe poi questa gran cosa non fosse perché evoca l’approdo, il riferimento. Genova, riferimento lo è stato sempre, nella sua storia contrastata, che sfocia in un presente fatto di stranieri che vendono di tutto privilegiando il falso e che sono ormai l’essenza di quei quartieri e quei vicoli che De André ha raccontato come nessun altro ha più saputo fare, capace com’era di offrire dignità agli ultimi, puttane comprese.

Genova sa di muffa e vivacità, un contrasto come la montagna e l’arenile, l’andare e il venire, perché da qui si sbarca e qui si giunge. Cantieri e camalli, croceristi e broker, il Genoa e la Sampdoria, Pré e Pra’, i cantautori di una ‘scuola genovese’ che ha intruppato anche artisti del nostro Piemonte. Di noi, gente per la quale quella regione fatta a forma di sorriso al contrario vuol dire, soprattutto, vacanza, anche se non a buon mercato, anche se ci lamentiamo dei parcheggi, anche se sui liguri ne avremmo da dire, abbondando in luoghi comuni.

Poi capita la vigilia di un Ferragosto come tanti. Ma, come mai successo, stavolta crolla un ponte, quel ponte tra il mare e la montagna, col vuoto là sotto. E’ il ponte che ti lasciava in ansia, ma tanto sapevi che, di lì a poco, saresti arrivato oltre.

Invece, d’improvviso, o forse non proprio perché c’è chi dice che non è questione di destino ma di manutenzione… Invece succede che crolla, facendoci capire una volta di più che tra la vita e la morte il confine è un niente: basta essere un metro più in qua o uno più in là. E questa Genova di strade sopraelevate e vie che si inerpicano tra nobiltà e miseria, si scopre spezzata, come tutta la Liguria e affranti siamo pure noi, liguri soltanto per affetto e per qualche analogia.

La regione fatta a forma di ferita è divisa in due. E non è che quando una ferita si sdoppia faccia meno male. Anzi.