La notizia era simpatica e sono contento d’averla pubblicata sul “Piccolo” di martedì. Raccontavo che, durante la messa domenicale, il prete di Cuccaro ha detto di non avere pregato abbastanza per scongiurare la fusione tra il suo paese  e Lu, spiegando che il sindaco cuccarese avrebbe dovuto tenere conto del volere della (sua) popolazione che, a novembre, tramite referendum, alla fusione aveva detto no. Poi però il consiglio comunale di Cuccaro, così come quello luese, hanno deliberato per la fusione, e fusione è. Insomma, un prete che se la prende col sindaco fa tornare ai tempi di Don Camillo e Peppone. E, infatti, l’accostamento non è stato proposto solo da me ma anche da chi ha scritto dopo. Sì, perché ieri la notizia è poi rimbalzata sui siti e pure su giornali nazionali: significa che la cosa meritava di essere raccontata. Colgo l’occasione per fugare dubbi a chi, tra Cuccaro e dintorni, ne avesse: non ho fatto il tifo né per il sì né per il no alla fusione. Ho solo più volte raccontato le vicende di due sindaci che difendevano una teoria (poi diventata pratica, perché la fusione c’è stata), le perplessità dei consiglieri di minoranza (sia a Cuccaro che a Lu), le incertezze della Regione  e le iniziative, anche dispendiose, del Comitato del no di Cuccaro che ha tentato di difendere autonomia e campanile. Non è che un giornalista non abbia opinioni: semplicemente, il suo interesse è raccontare, cercando di farlo nel modo più corretto possibile, senza la pretesa di piacere a tutti, fusi o no.