Sta giustamente facendo notizia l’abbraccio tra Vialli e Mancini dopo il gol di Chiesa che ha sbloccato Italia-Austria. Bellissimo. A Wembley, poi, dove i due, con la Sampdoria, persero la finale di Coppa dei Campioni. C’è molto, forse tutto, in quell’abbraccio.
Ma c’è stato molto, forse tutto, anche in un altro abbraccio. Era Manchester, era il 2012. Il City, dopo una lunga sofferenza, batte il Qpr per 3-2 (gol al 92esimo di Aguero) e l’allenatore Mancini corre ad abbracciare Sergio Viganò. Non il suo vice, non uno dei giocatori. No, proprio il Viga, il suo massaggiatore di fiducia, l’amico di mille battaglie.
Questo è un legame (come quello con Vialli, in realtà) che va oltre il calcio. Sono contento d’averlo descritto nel libro “Le mani del mago” (edizioni Bradipolibri), che ho dedicato a Viganò e in cui Mancini gioca un ruolo importante. E con ciò, speriamo che gli abbracci tornino a essere il nostro quotidiano. Grazie alla pandemia, se ce lo concederà.