Non dell’umanità, certo, ma del calcio di sicuro. Giovanni Trapattoni è un patrimonio. Ha vinto tanto, perso abbastanza, ma è stato soprattutto un inno all’allegria, un antidepressivo oltre che, come ricordano quelli che con lui hanno giocato, un autentico maestro, un motivatore, un tecnico che riusciva a farti esprimere al meglio. E’ anche il Trap del fischio, del gatto nel sacco, di “strunz” e delle ritualità ai Mondiali. E’ l’emblema di un calcio un po’ più romantico, più semplice, più genuino di quello col quale ci stiamo confrontando. E poi il Trap è stato il “mio” primo allenatore, esattamente come Boniperti fu il “mio” primo presidente. Ripenso a quegli anni e mi viene in mente un ragazzino col pallone, un oratorio, pomeriggi di partite, amicizie durature. Tanto mi basta per amare il Trap. Glielo direi, se potessi, oggi che lui compie ottant’anni.
Trapauguri
17 Marzo 2019